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GIASONE E GLI ARGONAUTI

immagine di presentazione 

di Michelle Duranti - 1 A

Tra i miti greci, uno che ci ha affascinato moltissimo è stato l’avventura di Giasone e gli Argonauti. Riportiamo qui la storia.

C’era un regno, in Grecia, dove la terra dava buoni frutti e il mare pesca abbondante: si chiamava lolco e vi regnava Pelia. Il re era contento, ma aveva paura: era un sentimento che non lo abbandonava mai, da quando, anni prima, si era insediato sul trono, cacciando via suo fratello. Ogni giorno re Pelia interrogava gli indovini di corte: «Ditemi, resterò il sovrano di queste terre?». Ma loro non sapevano mai cosa rispondere. Una mattina uno degli indovini parlo: «Verrà qui tuo nipote a rivendicare il suo diritto al trono».

Pelia rabbrividì a questa notizia: aveva tolto il regno a suo fratello ed ecco che suo figlio veniva a riprendenelo Non poteva permetterlo!
«Come lo riconoscerò?» mormorò. «Arriverà al tuo cospetto calzando un solo sandalo.»

 Pelia era inquieto. In lui cresceva il timore di essere spodestato e ucciso. Non ce la faceva a sopportare l'ansia. Penso e ripensò. Alla fine decise di celebrare una grande festa in onore di Poseidone e di invitare molti giovani Greci. Tra di loro ci sarebbe stato quello con un solo sandalo?

Pochi giorni dopo arrivò a lolco un ragazzo robusto e di bell'aspetto. Si chiamava Giasone e metteva piede lì per la prima volta, anche se sapeva di essere originario di quelle terre. Sapeva anche che suo padre era stato il legittimo re di lolco e che Pelia lo aveva cacciato.

Il viaggio era stato faticoso e Giasone si rese conto di avere bisogno di un bel bagno per ripulirsi. Così, andò a cercare acqua dolce per lavarsi. Mentre faceva il bagno nel fiume, sentì risuonare le trombe che annunciavano l'inizio dei riti in onore del dio del mare. Schizzò fuori dall'acqua e, nella fretta, perse uno dei sandali. Corse e corse, finché raggiunse la spiaggia, dove Pelia aspettava per dare inizio alle celebrazioni.
Appena vide arrivare Giasone, il re si fece scuro in volto.
Quel ragazzo indossava un solo sandalo. Era lui, dunque, quello da cui doveva difendersi!

«Qual è il tuo nome?»
«Giasone, figlio di Esone, tuo fratello. Sono tuo nipote» rispose il ragazzo. Ti vedo forte e coraggioso, nipote mio. Forse sei anche saggio e, dunque, ti chiedo: cosa faresti se sapessi che qualcuno vuole toglierti il potere e forse ucciderti?»
Giasone era perplesso e non capiva il perché di quella domanda. Dopo pochi secondi rispose: «Se avessi la certezza che qualcuno mi minaccia, lo spedirei il più lontano possibile da me. Gli ordinerei di affrontare un viaggio lungo e pericoloso, sperando che non faccia più ritorno. Gli affiderei un'impresa grande e rischiosa».
«E qual è, secondo te, l'avventura più temeraria?» chiese il re.
«Conquistare il Vello d'oro!» rispose prontamente Giasone.

 Pelia esultò dentro di sé. Il giovane era caduto nella sua trappola! Il Vello d'oro era una preziosa pelle dorata, custodita nella lontanissima Colchide e un feroce drago gli faceva la guardia.
«Allora, Giasone, ti ordino di partire subito e di portarmi qui il Vello d'oro!» sentenziò soddisfatto il re. «Ti devo obbedire, re Pelia, ma... se tornerò, quale sarà il mio premio?»
«Ti darò il mio regno!» promise Pelia spavaldo, sicuro che Giasone non sarebbe mai più tornato. Il viaggio era pericoloso e il drago invincibile. «Mi inchino al tuo volere» mormorò Giasone.

La Colchide era lontana e ci voleva una nave solida per viaggiare. Giasone aveva bisogno di marinai e guerrieri che lo accompagnassero. Così chiamò in aiuto il suo amico Argo. Nel giro di poco tempo, la nave venne completata: era grande e aveva cinquanta remi. In omaggio al suo costruttore, fu chiamata Argo.

Giasone chiamò cinquanta tra gli uomini più valorosi di tutta la Grecia, che decisero di chiamarsi Argonauti in onore della loro nave. Quando tutto fu pronto, salparono diretti alla Colchide. Non sapevano ancora quante avventure li aspettavano, ma erano pronti ad affrontarle.
Passarono l'isola di Lemno, dove vivevano solo donne, e qualcuno dei guerrieri ebbe la tentazione di fermarsi a lungo insieme a loro, ma Giasone li richiamò subito al loro dovere: non era tempo per innamorarsi, bisognava affrontare l'impresa.

Così, tutti lo seguirono e la nave riprese il mare, finché approdo alle coste della penisola di Arto. Tutto sembrava tranquillo e il re di quelle terre li accolse con gentilezza, offri loro cibo e vino e li invitò a dormire sulla terraferma, dove fece allestire un riparo e comodi letti. Accettarono volentieri, ma Giasone e i suoi non conoscevano il pericolo che il regno nascondeva: era abitato da giganti spaventosi, alti come montagne e con sei braccia capaci di frantumare la roccia.

Durante la notte, Giasone venne svegliato da un rumore che sembrava venire dalle viscere della terra. È un terremoto!» gridarono tutti. E in effetti, la terra tremava, gli alberi cadevano e una specie di tuono saliva dal centro della terra. E dopo il tuono, uscirono da sotto terra terribili giganti, con sei braccia e le bocche pronte a mangiare gli Argonauti uno a uno.

Giasone non si fece intimorire. Sguainata la spada, incitò i suoi eroi al combattimento. Tutti insieme si lanciarono contro i mostruosi giganti e, difendendosi con gli scudi, li tennero lontani. Poi, restando uniti, come fossero un sol uomo, si lanciarono contro quei mostri e li ferirono ai fianchi e poi alle loro tante braccia. I giganti urlavano, si lamentavano e cercavano di tamponare il sangue.
Giasone e i suoi approfittarono di quel momento per correre fino alla nave. Fecero vela verso il mare aperto.